Il “cookiegeddon” e le sue conseguenze sul mondo dell’online

Il 2024 è arrivato e, per il mondo online, questo significa addio definitivo ai cookie di terze parti. Dopo tanti rinvii, infatti, Google ha annunciato che, entro la fine dell’anno, verranno aboliti anche su Chrome. Considerando che è il browser utilizzato da oltre il 75% degli utenti del web, le conseguenze saranno notevoli. 

Si tratta di una misura annunciata ormai da più di due anni e resa inevitabile dalla crescente attenzione che i governi mostrano verso il tema della privacy online, ma anche dalle pressioni degli stessi utenti, che richiedono garanzie sempre maggiori. 

Già da gennaio partiranno i test Protezione anti tracciamento, che prevedono l’eliminazione di questi cookie per l’1% degli utenti di Chrome in tutto il mondo. L’obiettivo è arrivare al 100% entro la fine dell’anno, permettendo agli sviluppatori di attraversare questa fase di transizione senza intoppi. 

Cosa sono i cookie e come sono suddivisi. 

I cookie sono dei file di testo che memorizzano informazioni sul comportamento di navigazione di un utente. Servono ad agevolare la nostra esperienza online permettendoci, per esempio, di mantenere l’accesso alla nostra area riservata di un sito web anche quando chiudiamo il browser. 

Per capire cosa significa l’eliminazione dei cookie di terze parti bisogna prima comprendere quali tipologie di cookie esistono, cosa fanno e perché saranno proprio quelli di terze parti a essere rimossi. Le suddivisioni possono essere più d’una e di natura tecnica, ma per il nostro discorso è utile rifarsi a quella che individua l’autore di questi file di testo. 

I cookie di prima parte sono tutti quei dati creati direttamente dal sito che l’utente sta visualizzando. Sono proprio questi cookie che permettono di ricordare user e password di un utente su un sito web, oppure di mantenere nel carrello dei prodotti precedentemente inseriti. 

I cookie di seconda parte sono dei cookie di prima parte che un ente, dopo aver obbligatoriamente ottenuto il consenso da parte dei diretti interessati, può fornire a soggetti esterni nell’ambito di una partnership. 

I cookie di terza parte sono creati da un sito diverso da quello che l’utente sta attualmente visitando. Memorizzano le informazioni sulle pagine che quell’utente ha visitato, gli annunci su cui ha cliccato, ecc. Sono alla base del funzionamento della pubblicità online e il motivo per cui gli annunci che troviamo in rete riescono ad essere così precisi e mirati. 

Bisogna, infine, aggiungere una quarta e ultima tipologia di cookie. I cookie di parte zero corrispondono a tutti quei dati che l’utente rilascia volontariamente durante la navigazione, per esempio rispondendo a un sondaggio oppure compilando un modulo. 

Perché si dirà addio ai cookie di terze parti.

Ognuna di queste classi di cookie migliora l’esperienza di navigazione sul web, su questo non ci sono dubbi. I cookie di terza parte, però, come si è intuito, hanno un funzionamento piuttosto sottile e permettono a siti esterni di ottenere preziosissime informazioni sul comportamento degli utenti nel web.

Il vantaggio principale risiedeva nel poter proporre, proprio grazie all’aggregazione di questi cookie, annunci pubblicitari altamente personalizzati ed efficaci. 

Il tema della privacy online ha però ricevuto attenzioni sempre maggiori negli ultimi anni, che hanno portato a nuove normative ma anche a pressioni, da parte degli stessi utenti, affinché i grandi operatori garantiscano un trattamento dei dati il più possibile trasparente

In questo nuovo contesto, aggregare dati sul comportamento degli utenti senza il loro consenso diventa un’arma a doppio taglio che impone scelte nette. È all’interno di queste trasformazioni che bisogna inquadrare anche altri recenti sviluppi come, per esempio, la possibilità offerta da Meta di sottoscrivere un abbonamento a pagamento per poter accedere alle versioni di Instagram e Facebook libere da inserzioni pubblicitarie. 

Cosa succede adesso.

Gli inserzionisti e le piattaforme che mettono a disposizione spazi pubblicitari devono adesso trovare delle alternative alla profilazione basata sui cookie di terze parti. 

Sul primo versante, quello degli inserzionisti, bisognerà necessariamente andare verso uno sfruttamento più deciso dei dati proprietari, quelli riconducibili ai cookie di prima parte e di parte zero. Sono dati che l’utente ha spontaneamente condiviso con il titolare del trattamento e che, quindi, oltre a fornire informazioni utilissime sugli interessi e le caratteristiche di quello specifico utente, rappresentano un investimento di fiducia notevole. 

Possiamo ipotizzare che alcune strategie di marketing digitale diventeranno, a partire da quest’anno, ancora più rilevanti. Sarà sicuramente ancora più centrale l’ottimizzazione dell’esperienza utente sul sito web: bisognerà sfruttare i dati proprietari sul comportamento dei visitatori del proprio sito in direzione di una personalizzazione della navigazione, suggerendo contenuti rilevanti e semplificando i processi d’acquisto. 

Lo stesso discorso vale per le campagne di retargeting basate sui cookie di prima parte. Con questo termine si intendono quelle campagne che raggiungono l’utente che ha già visualizzato il sito web e magari un prodotto specifico. 

Per fare un ultimo esempio, diventeranno centrali anche gli strumenti di mail marketing e le newsletter. Sono un ottimo strumento per fornire all’utente, anche meno invasivamente rispetto ad un banner pubblicitario su un sito web, un’esperienza altamente personalizzata. 

Lo stesso discorso è valido per le piattaforme. Anche in questo caso, infatti, bisognerà adottare un approccio più orientato ai dati forniti direttamente dagli utenti all’interno della piattaforma. Facebook, per esempio, sta dando sempre più rilevanza alle interazioni degli utenti con gli altri utenti, con le pagine e con i gruppi a cui partecipano. 

Anche Google sta correndo ai ripari e, contestualmente all’eliminazione dei cookie di terze parti in Chrome, lancerà l’iniziativa Privacy Sandbox. L’obiettivo è quello di fornire agli inserzionisti la possibilità di sfruttare le potenzialità di Google per le loro campagne garantendo, al tempo stesso, la privacy degli utenti. 

Con Privacy Sandbox Google intende creare delle alternative efficaci ai meccanismi adottati fino ad ora. La lista dei siti web che visitiamo, per esempio, non sarà condivisa all’esterno. Basandosi su di essa, però, Google stilerà una serie di argomenti che reputa di nostro gradimento; noi utenti potremo accedere in ogni momento a questa lista ed eliminare manualmente quelli che non ci interessano o, addirittura, disattivare completamente l’intera lista. 

Le Protected Audience, sempre all’interno della stessa iniziativa, hanno l’obiettivo di “disintermediare” le campagne di retargeting basate sui cookie di terze parti. Le informazioni su cui si basa l’aggregazione di un pubblico, quindi, rimarranno nel browser dell’utente e non saranno più condivise all’esterno. 

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